Il genere è uno dei principali organizzatori della vita sociale: classifica gli eventi, le attività e determina le prime differenze percepite tra maschi e femmine. Le prime esperienze relative al genere si radicano nel contesto familiare, dove il bambino interiorizza credenze, atteggiamenti e comportamenti. In questo contesto, entra in gioco il concetto di Gendered Parenting.
Gendered Parenting: la definizione
Con il termine Gendered Parenting si indicano tutti quei messaggi e comportamenti dei genitori che, in modo intenzionale o meno, trasmettono informazioni relative a come i maschi e le femmine dovrebbero o non dovrebbero comportarsi in funzione del loro sesso.
Il sesso del bambino diventa spesso una vera e propria guida per i genitori nella definizione delle pratiche educative e di socializzazione da adottare, talvolta indipendentemente dalle reali caratteristiche individuali del figlio.
La costruzione cognitiva del genere
Per comprendere l'impatto del Gendered Parenting, è essenziale richiamare la Teoria dello Schema di Genere (Gender Schema Theory).
Secondo questa teoria, il bambino non è un ricevente passivo, ma un attore attivo nel proprio sviluppo di genere. Fin da piccoli, gli esseri umani tendono a usare categorie (come il genere) per organizzare le informazioni provenienti dall'ambiente.
Formazione dello Schema: il bambino costruisce schemi di genere, ovvero strutture cognitive che contengono informazioni rilevanti per il Sé su maschi e femmine (es. "le femmine hanno i capelli lunghi", "i maschi giocano con le macchine").
Guida e Filtro: una volta formato, lo schema funziona come struttura anticipatoria, cioè guida il bambino a ricercare e assimilare attivamente informazioni coerenti con il proprio genere e, di conseguenza, a ricordare meglio le attività e i comportamenti tipici del proprio sesso.
Motivazione e Autostima: lo schema diventa uno standard o una guida che influenza l'autostima. L'individuo è motivato a regolare il proprio comportamento affinché sia conforme alla definizione culturale del proprio genere.
Il Gendered Parenting è proprio il canale attraverso cui la società insegna questa rete di associazioni legate al genere, influenzando la costruzione e la flessibilità dello schema mentale del bambino.
Il Gendered Parenting agisce attraverso due principali categorie di messaggi, che modellano attivamente l'ambiente del bambino:
I messaggi diretti plasmano l'ambiente fisico e reagiscono ai comportamenti manifesti del bambino:
Channeling o Shaping: i genitori creano un ambiente "di genere" attraverso la scelta di giocattoli, vestiti, attività e libri. Ad esempio, acquistare in prevalenza bambole per le bambine e macchine per i maschi, incoraggia implicitamente l'associazione del sesso a specifici ruoli di genere. Questo avviene ancor prima che il bambino sia in grado di esprimere preferenze proprie.
Reazioni e Risposte: i genitori rispondono ai comportamenti dei figli in modo differenziato e coerente con gli stereotipi. Ad esempio, tendono a rispondere più positivamente ai comportamenti prosociali delle figlie o a fornire un feedback meno negativo ai comportamenti rischiosi o aggressivi dei figli maschi, riflettendo aspettative sul fatto che le bambine debbano essere tranquille e i maschi "forti".
I messaggi indiretti trasmettono le opinioni e le aspettative generali dei genitori riguardo al genere, influenzando la cognizione del bambino:
Gender Talk (discorso di genere): è il modo in cui i genitori parlano del genere, spesso mettendo a confronto maschi e femmine o enfatizzando le categorie. Questo include commenti stereotipati ("I maschi non piangono", "Le ragazze sono brave a cucinare") o l'abitudine a parlare di emozioni negative (come la tristezza) più spesso con le figlie femmine.
Modeling (modellamento): l'osservazione dei comportamenti dei genitori è una fonte cruciale di informazioni sui ruoli di genere. La divisione dei compiti in casa (es. le madri che svolgono più lavori domestici) o il tipo di impiego dei genitori influenza le aspettative dei bambini sul comportamento appropriato per il proprio sesso.
Le pratiche di Gendered Parenting permettono ai bambini di fare esperienza delle differenze di genere, contribuendo a definire i comportamenti tipici.
Comprendere questo meccanismo è il primo passo verso una genitorialità consapevole, in cui i genitori possono scegliere attivamente se rinforzare o, al contrario, ampliare la gamma di comportamenti, interessi e opportunità offerti ai propri figli, liberandoli dagli stereotipi rigidi e supportando la costruzione di uno schema di genere più flessibile e salutare.
La rabbia è un'emozione fondamentale, necessaria per la sopravvivenza e l'affermazione di sé. Tuttavia, quando i bambini la esprimono attraverso scoppi o aggressioni, i genitori si sentono spesso sopraffatti e inermi. Il compito primario non è eliminare la rabbia, ma insegnare ai bambini a riconoscerla, nominarla e gestirla in modo costruttivo.
Contrariamente a quanto si pensa, la rabbia ha un profondo valore adattivo. È funzionale alla rimozione di un ostacolo e alla mobilitazione delle risorse per affrontare situazioni percepite come pericolose. Chi si arrabbia, infatti, non subisce passivamente, ma riafferma sé stesso e i propri valori.
Gli antecedenti della rabbia sono:
Stato di bisogno: Un desiderio o una necessità da soddisfare.
Frustrazione o costrizione: Un ostacolo che si oppone a tale bisogno.
Attribuzione di consapevolezza: L'idea che l'opposizione sia deliberata e non incidentale (ecco perché spesso i bambini "umanizzano" gli oggetti, arrabbiandosi con loro).
È cruciale che i bambini imparino a gestire la frustrazione attraverso i "no" che ricevono fin da piccoli, riconoscendo che non ogni desiderio può essere immediatamente esaudito.
La rabbia è un'emozione che coinvolge intensamente il corpo, manifestandosi attraverso risposte fisiologiche chiare:
Risposte fisiologiche: accelerazione del battito cardiaco, aumento della pressione arteriosa, tensione muscolare (serrare le mascelle) e aumento della sudorazione.
Manifestazioni espressive: a livello non verbale, si notano l'aggrottare violento della fronte, le labbra tese e l'arricciarsi del naso.
Comportamento: la rabbia può portare all'aggressività (verbale o fisica).
Uno strumento potentissimo per aiutare i bambini a gestire le loro emozioni è dare loro una forma visibile e concreta.
Il libro illustrato "Che rabbia!" di Mireille d'Allancé racconta in modo magistrale la storia di Roberto, un bambino che, dopo una brutta giornata e un litigio con il padre, sente crescere dentro di sé una "Cosa" che si materializza in un enorme mostro rosso e distruttivo.
Il mostro fa danni nella sua stanza, rovesciando mobili e libri, ma si ferma quando si avvicina al baule dei giocattoli. Roberto, vedendo il suo gioco preferito a rischio, urla "Aspetta, quello no!" e, in quel momento, riesce a far rientrare la rabbia nella scatola, calmandosi. Il Messaggio: La storia insegna ai bambini che anche i sentimenti più travolgenti possono essere controllati e gestiti. Il mostro della rabbia può distruggere la stanza, ma il bambino ha il potere di stabilire un limite per proteggere ciò che gli è caro.
L'obiettivo educativo non è inibire l'emozione, ma trasformarla in una rabbia costruttiva, ovvero uno strumento per il benessere e l'affermazione. Quali sono le caratteristiche della rabbia costruttiva?
Consapevolezza e rivalutazione: essere consapevoli della propria emozione permette di regolare la reazione e rivalutare la situazione. Non si reagisce d'istinto, ma si cerca di comprendere le intenzioni altrui (empatia).
Spostare il focus: arrabbiarsi con l'azione e non con l'autore dell'azione. Il messaggio deve essere: "Sono arrabbiato per quello che hai fatto", non "Sono arrabbiato con te in quanto persona".
Riconoscimento: riconoscere le proprie modalità di espressione.
La causa della rabbia va sempre affrontata e risolta con i bambini, ma non quando si è arrabbiati: bisogna aspettare che l'attivazione fisiologica si sia placata per poter avere un dialogo costruttivo e non distruttivo. È cruciale che questo tempo di attesa sia calcolato in base all'età e alle caratteristiche del bambino. Se il bambino è molto piccolo, non bisogna far passare troppo tempo altrimenti l'intervento perde efficacia: più l'età è bassa, infatti, minore è il tempo in cui il bambino è in grado di trattenere il ricordo dell'episodio e delle informazioni correlate. L'intervento deve quindi essere tempestivo appena la calma è ristabilita.
Il percorso verso la gestione emotiva richiede un lavoro costante su sé stessi, aiutando i bambini ad allenarsi a cogliere i segnali (tensione, calore) e a esprimere il loro stato di bisogno in modo assertivo.
La sessualità è molto più di una questione genitale-riproduttiva. Fin dalla prima infanzia, essa è la capacità di vivere il corpo e la sensorialità come strumenti per sperimentare piacere, costruire la conoscenza del mondo e entrare in relazione con sé stessi e con l'altro.
La curiosità è il motore che spinge il bambino a fare domande sul sesso: vuole conoscerne la complessità e guardare al futuro. È per questo che i bambini pronunciano le "parole della sessualità": per vedere come suonano, per verificare la reazione dell'adulto o, in gruppo, per sembrare più grandi.
Il problema non risiede nella domanda, ma nella risposta degli adulti: l'ansia degli adulti sulla sessualità manda in “stallo” il bambino, costretto a trovare da solo le risposte e senza sentire di avere il diritto di fare delle domande.
Fin dai primi mesi di vita, il corpo è il primo strumento di crescita. L'organo sessuale del neonato è la pelle: attraverso le prime sensazioni corporee e le coccole si stabilisce la base della futura storia affettiva e relazionale.
Questo percorso sensoriale prosegue:
fino a 2 anni: la bocca è fonte primaria di soddisfazione ed esplorazione.
la gestione del controllo sfinterico porta alla scoperta del piacere di dominare il corpo e gli eventi.
intorno ai 3 anni: i genitali diventano oggetto di manipolazione e masturbazione. Non è finalizzata all'orgasmo, ma al "sentirsi" come soggetto autonomo, capace di abitare con consapevolezza il proprio corpo.
A 5 anni il bambino ha strutturato le basi per l'identità di genere e sessuale, vedendo per la prima volta i genitori come uomo e donna in una relazione amorosa separata.
Con l'ingresso nella scuola elementare, si apre la cosiddetta fase di latenza, un periodo in cui le pulsioni sessuali non spariscono, ma vengono teoricamente sospese in favore di altri compiti evolutivi e scolastici.
In realtà, i bambini continuano a esplorare il mondo. Quando si imbattono nel materiale pornografico o in contenuti sessuali non mediati (riviste, internet), la loro confusione è enorme. A causa dell'imbarazzo e dell'impreparazione degli adulti, sono costretti a trovare risposte tra loro o online, sviluppando pensieri disallineati rispetto alla loro età biologica e psicologica. È qui che l'adulto non può fallire.
L'adulto ha la responsabilità di riempire l'atmosfera di casa con segnali che la vita è anche piacere e sensualità, e non solo fatica e sofferenza. Un ambiente dove l'attrattività e il desiderio tra i genitori sono presenti, insegna al bambino che il corpo umano è amabile e desiderabile.
Per parlare efficacemente di sesso con i figli, l'adulto deve fare un lavoro su sé stesso:
interrogarsi sul proprio concetto di sesso: dare il segnale che il sesso non è una cosa sporca o proibita senza spiegazioni.
evitare banalizzazioni: evitare risatine, scherzi o negazioni che trasformano la vita sessuale in una barzelletta, togliendole significato.
Come suggerito da Fabio Veglia e Rossella Pellegrini (C’era una volta la prima volta. Come raccontare il sesso e l’amore a scuola, in famiglia, a letto insieme. Erickson, 2003), l'obiettivo è instillare il desiderio di una sessualità fatta di gioia, corpi, piacere e gioco: dobbiamo "far nascere il desiderio di una sessualità fatta di gioia... una battaglia contro il fast food del sesso contro l’inevitabile delusione del tutto e subito".
La capacità di raccontarsi ed esprimere emozioni attraverso il linguaggio del corpo e dei sensi non deve scomparire man mano che i figli crescono. Se l'adulto mantiene attivo questo spazio di comunicazione (fisica ed emotiva), sarà molto più semplice trovare le parole giuste per mediare la sessualità in tutte le sue fasi evolutive.
Il sonno non è un semplice "spegnimento", ma una funzione biologica attiva e cruciale che modella profondamente lo sviluppo cognitivo, emotivo e fisico del bambino. Durante la seconda e la terza infanzia (dai 3-4 anni fino all'età scolare avanzata), le abitudini del riposo notturno diventano indicatori sensibili del benessere generale e della capacità di autoregolazione emotiva.
Il sonno notturno in età evolutiva è essenziale per la salute cerebrale. È in questo stato di riposo che il cervello compie un intenso lavoro di manutenzione e crescita:
Consolidamento e Apprendimento: Il sonno permette di fissare le nuove informazioni e le esperienze del giorno.
Plasticità Neurale: Avviene il fenomeno di pruning (o potatura sinaptica), un processo fondamentale in cui il cervello elimina le connessioni neurali meno utilizzate per rafforzare quelle più importanti, ottimizzando l'efficienza cerebrale.
Le esigenze di sonno sono elevate: si raccomandano almeno 10 ore di riposo fino ai 6 anni e almeno 9 ore dai 6 ai 10 anni. È importante sottolineare che il sonno nelle ore che precedono la mezzanotte è particolarmente prezioso e rigenerante per lo sviluppo.
Fino a circa 4 anni, il sonnellino pomeridiano può essere necessario per evitare che il bambino accumuli stanchezza eccessiva. Tuttavia, superata questa età, è opportuno abbandonarlo gradualmente per non alterare l'equilibrio del sonno notturno.
Un'altra specificità del sonno infantile è la durata del ciclo: circa 60 minuti, inferiore ai 90-120 minuti dell'adulto.
Le difficoltà ad addormentarsi sono particolarmente frequenti tra i 2 e i 6 anni e riflettono spesso una difficoltà nell'autoregolazione emotiva. Andare a dormire implica un abbandono e un'accettazione della separazione dai genitori, elementi che possono innescare ansia o rimuginio (pensieri ricorrenti su eventi che hanno turbato la sensibilità del bambino).
Le condotte atipiche nell'addormentamento sono spesso legate a problemi di separazione.
Cosa fare per aiutare il bambino?
Regolarizzare gli orari: Mantenere una routine rigorosa è il primo passo per dare sicurezza.
Istituire rituali: La lettura di favole, ad esempio, non solo stimola l'immaginazione e calma grazie al ritmo della voce, ma crea un momento di sospensione dal "dover fare" o "dover essere giudicato" che caratterizza la giornata. È cruciale però che il genitore sappia mantenere il limite e lasciare il bambino dopo un tempo definito. I rituali non devono mai trasformarsi in un rinforzo all'ansia da separazione.
Ambiente e tecnologia: La stanza deve essere confortevole (temperatura, luce). È fondamentale eliminare l'uso di apparecchi elettronici prima di coricarsi, poiché la loro luce blu inibisce la melatonina e stimola il cervello, mantenendo il bambino in stato di veglia.
Esistono fenomeni che si manifestano durante la notte. Se si presentano solo occasionalmente, fanno parte dello sviluppo tipico; se la loro frequenza diventa elevata e prolungata, possono indicare un disagio o una condizione atipica.
Fenomeni di angoscia
Sogni d'Angoscia e Incubi (dopo i 3 anni): Sono correlati all'insorgenza della fase REM e allo sviluppo della memoria. Riguardano circa il 30% dei bambini.
Terrore Notturno (dopo i 3 anni): Si presenta come un risveglio parziale con intensa partecipazione emotiva e agitazione. Sebbene in molti casi si risolva spontaneamente, una frequenza elevata è un segnale di profonda angoscia. Spesso è scatenato da eventi turbativi come l'ingresso a scuola, la nascita di un fratello o un cambiamento ambientale.
Comportamenti motori
Automatismi Motori: Piccoli scatti o scariche espressive che avvengono nel sonno (insorgenza 3-4 anni). Sono tipici se rari, ma se diventano molto agitati e si ripetono più volte a notte, possono indicare un'eccessiva agitazione del bambino.
Sonnambulismo (tra 7 e 12 anni): È uno stato in cui la coscienza è sospesa. Include anche il parlare o muoversi nel sonno. Se si verifica sporadicamente è normale, ma se la frequenza è elevata (2-3 volte a settimana) è raccomandato un consulto specialistico neuropsichiatrico. Importante: in caso di sonnambulismo, non bisogna svegliare bruscamente la persona, ma guidarla a tornare a letto per prevenire incidenti, poiché al risveglio vi è amnesia.
Riconoscere le abitudini e i segnali di disagio notturno è fondamentale per sostenere la crescita del bambino: un riposo di qualità non è solo un bisogno biologico, ma la base su cui si costruisce la capacità di autoregolazione emotiva e la serenità nel mondo diurno.
Il primo colloquio conoscitivo è gratuito e ci aiuterà a capire insieme le tue esigenze e il percorso più adatto a te.