La domanda posta dal cantante Francesco Gabbani, "vivere per lavorare o lavorare per vivere" (canzone: Occidentali's Karma), riassume un conflitto centrale dell'età adulta contemporanea. La cultura moderna ci spinge a trovare una professione che sia una vera vocazione, un luogo dove passione e reddito coincidano.
Tuttavia, il concetto giapponese di Ikigai offre una visione più profonda e liberatoria: non è sinonimo esclusivo di carriera, ma la ragione profonda e personale per cui vale la pena vivere, ciò che ci dà motivazione e gioia quotidianamente. Il lavoro non deve essere per forza la nostra passione primaria. È fondamentale riconoscere che, a volte, il lavoro è semplicemente uno strumento e un mezzo per finanziare il nostro vero Ikigai (che può essere un hobby, la famiglia, un progetto sociale).
Per questo, il lavoro è un elemento fondamentale per il benessere generale della persona.
Lo stress è una reazione di adattamento dell'organismo a stimoli (stressor) che ne alterano l'omeostasi, cioè l'equilibrio interno. Quando questa reazione è positiva e breve, si parla di Eustress (stress funzionale); quando è cronica e percepita come minacciosa, diventa Distress (stress disfunzionale).
Lo stress lavoro-correlato si manifesta quando vi è un disequilibrio tra le richieste dell'ambiente di lavoro e la percezione delle proprie risorse e capacità di risposta. Poiché trascorriamo la maggior parte delle nostre giornate al lavoro, quando questo equilibrio viene meno, l'impatto sulla salute è immediato.
Le cause di distress sono ampie: carico e ritmi eccessivi, precarietà, incertezza del ruolo e, soprattutto, lo scarso equilibrio tra il lavoro e la vita privata (il famoso e ambito work-life balance).
Il distress prolungato e intenso può sfociare nel burnout, uno stato di esaurimento fisico, emotivo e mentale e perdita del senso di realizzazione personale. In questo stato, l'individuo si allontana dal proprio senso di efficacia e dal valore che attribuiva al proprio ruolo. Nelle professioni ad alto coinvolgimento, come quelle degli operatori sanitari, l'esposizione costante a sofferenza, turni gravosi e richieste soverchianti rende il rischio di burnout particolarmente elevato.
La legislazione italiana (D.Lgs. n. 81/08) impone la valutazione specifica del rischio stress lavoro-correlato, richiedendo interventi organizzativi (ottimizzazione dei carichi, formazione) da parte delle aziende. Il benessere organizzativo può essere raggiunto anche attraverso la ricerca attiva di soluzioni e cambiamenti sul posto di lavoro o, se necessario, valutando l'opzione di cambiare contesto professionale per ristabilire l'equilibrio. Un'altra direzione da seguire per ritrovare l'armonia è cercarla al di fuori e all'interno del sé.
Il ruolo dell'ikigai: riconoscere e dedicare tempo alla propria ragione d'essere (che non è il lavoro, ma la vita privata) crea una riserva emotiva e un contrappeso vitale allo stress lavorativo.
Strategie personali: implicano la consapevolezza di ciò che si prova, la definizione di limiti chiari e l'adozione di strategie di coping attive (orientate alla soluzione dei problemi).
La giusta distanza: è fondamentale trovare la giusta distanza emotiva e professionale per proteggere sé stessi senza perdere l'efficacia e il senso del proprio impegno.
Ritrovare il proprio Ikigai, il significato che permea la vita nella sua totalità, può essere utile per affrontare lo stress. Tuttavia, di fronte a un distress persistente, è essenziale riconoscere che il problema non va sottovalutato: un percorso psicologico può offrire lo spazio e gli strumenti necessari per comprendere le dinamiche dello stress lavoro-correlato, ripristinare l'omeostasi e sostenere attivamente la ricerca di un benessere duraturo.
Il periodo di vita noto come giovane adulto rappresenta una fase di transizione dinamica, cruciale quanto l'adolescenza stessa. Tradizionalmente collocato dopo i vent'anni, questo periodo è spesso esteso dagli studiosi proprio perché l'individuo, pur essendo legalmente autonomo, non ha ancora raggiunto l'indipendenza totale dalla famiglia d'origine. Si tratta di un ponte tra la dipendenza e la piena autonomia, definito da compiti di sviluppo complessi, tutti orientati alla costruzione della propria identità e del proprio futuro sociale.
Il compito di sviluppo forse più emblematico di questa fase è la generatività, intesa nel senso più ampio: l'aspirazione a "mettere su famiglia" e a contribuire alla società. Questa missione è scandita non tanto da un ritmo biologico, quanto dall'orologio sociale: un insieme di percezioni e aspettative culturali che dettano le "scadenze" ideali per raggiungere obiettivi chiave come l'autonomia economica, l'uscita di casa dei genitori, la stabilità lavorativa e la formazione di una relazione duratura.
Queste pressioni sociali possono influenzare profondamente le scelte e i livelli di stress del giovane adulto, rendendo fondamentale l'analisi della realtà dei propri progetti.
Gli anni del giovane adulto portano a un significativo perfezionamento dell'intelligenza emotiva. Le emozioni smettono di essere semplici reazioni e diventano strumenti strategici: la persona impara a riconoscerle, pianificarle e utilizzarle per raggiungere i propri obiettivi.
Contemporaneamente, questo è un periodo di ridiscussione potenziale dei propri schemi relazionali fondamentali. Ci riferiamo ai pattern di attaccamento, ovvero le modalità stabili e interiorizzate con cui la persona gestisce i legami affettivi, la separazione e la ricerca di conforto. Questi schemi, formatisi primariamente con i genitori, possono modificarsi grazie alle nuove e significative relazioni di coppia. L'individuo sperimenta infatti legami affettivi multipli, e il rapporto con un partner che offre una base sicura diversa da quella genitoriale può portare a un cambiamento nel modo di relazionarsi, correggendo le insicurezze pregresse.
Una componente fondamentale di questo periodo è la capacità di valutare quanto siano realistici i propri piani e progetti. Le decisioni di vita non devono basarsi solo su desideri e motivazioni, ma anche su una ricerca attiva e oggettiva delle informazioni. L'analfabetismo funzionale, che in Italia è un problema rilevante, può ostacolare questa valutazione, portando a idee e aspettative irrealistiche sulla propria carriera o sul futuro economico.
Questo periodo è caratterizzato da una grande operatività legata all'ingresso nel mondo del lavoro o alla conclusione degli studi. Uno dei compiti di sviluppo è imparare a trarre piacere dallo studio e dal lavoro stessi, trasformando lo sforzo in gratificazione.
Si assiste inoltre a un interessante incrocio tra sviluppo emotivo e morale: la maturità emotiva si lega a un affinamento del senso di ciò che è corretto e onesto fare, influenzando il modo in cui il giovane adulto si inserisce nella società e nelle relazioni.
L'orologio sociale non detta solo i tempi della vita affettiva, ma incide profondamente anche sul percorso professionale. La pressione a "fare carriera" o a trovare un impiego stabile rapidamente può generare ansia e indurre a scelte affrettate, dettate più dalla paura del ritardo che dalla reale motivazione.
In questo contesto, lo stato di "Flow" (flusso) assume un ruolo cruciale. Il "Flow" è un assorbimento totale e profondo in un'attività orientata a un fine, un momento in cui la concentrazione è massima. In questo stato, il giovane adulto diventa naturalmente egocentrico nel senso positivo del termine, focalizzandosi interamente sull'affinamento delle proprie abilità e sulla costruzione delle competenze professionali.
La capacità di raggiungere il "Flow" agisce come un'ancora psicologica: essa permette di isolarsi dalle ansie dettate dalle scadenze esterne e di concentrarsi sul piacere intrinseco del compito. Questo non solo aumenta l'eccellenza professionale, ma fornisce anche un senso di autoefficacia e padronanza che è fondamentale per la stabilità emotiva del giovane adulto, preparandolo ad assumersi pienamente le responsabilità della vita.
Il primo colloquio conoscitivo è gratuito e ci aiuterà a capire insieme le tue esigenze e il percorso più adatto a te.